Chirurgia della spalla

Instabilità di spalla

La spalla è l’articolazione più mobile di tutto il corpo umano . Per essere mobile deve raggiungere un compromesso con la stabilità. Ecco perche la spalla può più frequentemente essere instabile di qualsiasi altra articolazione. Quando la spalla non rimane nella sua posizione naturale si definisce instabile. L’instabilità articolare può essere favorita da alterazioni dello sviluppo osseo o dei tessuti che la compongono. Spesso la spalla si lussa per eventi traumatici o microtraumatici e quando parliamo di lussazione intendiamo la completa fuoriuscita della testa omerale dal suo alloggio, o di sublussazione quando c’è una parziale fuoriuscita della testa omerale. Quando le lussazioni avvengono ripetutamente possiamo parlare di lussazione recidivante.

L’ortopedico, mediante l’esame obbiettivo, ha il compito di definire il tipo di lesione, tramite movimenti e manovre particolari, ed escludere altri tipi di patologie. Vanno poi eseguiti esami strumentali per stabilire con certezza il tipo di lesione. Non tutte le lussazioni richiedono un intervento chirurgico e generalmente dopo il primo episodio di lussazione si attua un trattamento conservativo . Se invece l’instabilità e’ persistente e’ corretto pensare all’intervento. Oggi gli interventi atti a risolvere l’instabilità, grazie alle tecniche innovative , sono precisi e personalizzati per singoli pazienti. Nella scelta dell’intervento influiscono diversi elementi come l’età del paziente, il numero di lussazioni avute o la durata del dolore alla spalla , il grado di impedimento durante l’attività sportiva o lavorativa, il tipo di struttura muscolare, i livelli di carico sportivi o lavorativi.

Intervento

attualmente utilizzo due tecniche:

  • tecnica artroscopica
  • intervento in open secondo Latarjet

La tecnica artroscopica

Ha delle indicazioni precise ed e’ una tecnica sufficentemente standardizzata che offre, se correttamente eseguita, ottimi risultati con ripristino delle attività lavorative svolte e anche un ritorno alle attività sportive al medesimo livello.

Intervento

Si praticano 3 piccole incisioni cutanee dalle quali, penetrati nello spazio gleno omerale, si valutano correttamente le lesioni a carico della glena e del cercine glenoideo che appare generalmente disinserito e medializzato, per poi riattacare il cercine in posizione corretta ed eseguire una capsuloplastica. Ciò riporta l’articolazione al grado di stabilità precedente l’eventuale trauma che ha provocato l’episodio lussante.

Riabilitazione

La riabilitazione inizia circa una settimana dopo l’intervento. I tempi di guarigione sono abitualmente lunghi e dipendono dalla biologia dell’organismo, cioè dalla capacità riparativa. Mediamente la ripresa funzionale completa, cioè il ritorno alle normali attività lavorative e sportive, non può avvenire prima di 4 / 5 mesi

Tecnica open secondo Latarjet

La tecnica open secondo Latarjet va riservata secondo i più accreditati algoritmi , ai soggetti giovani, che praticano sport di contatto o nei casi in cui ci sia un bone loss, perdita ossea della glena , che superi il 20 % della superficie della stessa. Anche essa se correttamente eseguita, permette una ripresa funzionale e il ritorno all’attività sportiva al medesimo livello .
L’intevento consiste nell’abassamento e nella fissazione di parte della coracoide al davanti della porzione subequatoriale della glena , allo scopo di consentire un arresto della testa che tenderebbe a lussarsi . Il tendine congiunto che viene staccato e rimane inserito all’apice della coracoide staccata , formerà una specie di amaca al davanti della glena contro la quale si arresta la testa omerale nel movimento lussante della spalla ( extrarotazione con arto superiore abdotto )

Riabilitazione

Poichè è la biologia, che detta i tempi della riabilitazione , questi normalmente sono abbastanza lunghi e dipendono sempre dal recupero del paziente. In media sono necessari dai 4 ai 5 mesi per la completa guarigione , cioè per ritornare a eseguire senza rischio una qualsiasi attività sportiva o lavorativa

Protesi di spalla

Per il corretto funzionamento della spalla hanno un ruolo fondamentale i muscoli e i tendini della cuffia dei rotatori che fanno si che la testa omerale rimanga accostata e centrata sulla glena e che il braccio possa elevarsi, abbassarsi e roteare. Le cause che possono portare ad un intervento di protesi di spalla sono molteplici. La più frequente è l’artrosi, che comporta la perdita della cartilagine di rivestimento con conseguente scomparsa dello spazio articolare tra omero e scapola, oltre alla deformazione delle superfici articolari e alla formazione di osteofiti.

Una causa dell’artrosi è l’invecchiamento ma può essere favorita da danni dell’articolazione come traumi o ripetute lussazioni di spalla. Una giusta indicazione all’impianto di una protesi di spalla è il dolore avvertito e intenso, mal controllabile, oppure quando i movimenti della spalla sono così compromessi da non consentire al paziente le proprie attività quotidiane. Ogni caso va esaminato e deve essere affrontato dall’ortopedico e dal Paziente in maniera accurata. Gli obbiettivi che ci si propone tramite l’impianto di protesi di spalla, sono l’eliminazione del dolore ed il recupero dei movimenti dell’articolazione in maniera migliorativa.
Le moderne protesi sono state progettate per migliorare la qualità della vita e la mobilità articolare. Nei pazienti più giovani e con cuffia integra (artrosi concentriche) è possibile impiantare una protesi cosiddetta anatomica, nella quale le componenti protesiche vengono impiantate conservando la normale anatomia della spalla.

È possibile talvolta rimuovere solamente la superficie cartilaginea della testa omerale e sostituirla con una coppa metallica. Queste protesi sono chiamate “steamless” (senza stelo) Questa procedura preserva significativamente l’osso naturale poiché evita lo stelo omerale.

Protesi di rivestimento (steamless)

In presenza di lesioni ampie della cuffia dei rotatori in un quadro di artrosi con limitazione funzionale articolare di spalla, è necessario l’utilizzo di una protesi speciale, la PROTESI INVERSA.

Protesi inversa

Questa protesi non necessita della cuffia dei r rotatori ma bensì sfrutta l’azione principalmente del muscolo deltoide. La parte sferica o glenosfera viene ancorata alla glenoide a differenza a della normale protesi totale di spalla. Il principio biomeccanico della protesi inversa si fonda sulla medializzazione e abbassamento del centro di rotazione che attiva il muscolo deltoide che può quindi abdurre l’arto. Il grave deficit dovuto all’assenza della cuffia dei rotatori può essere compensato ed il braccio può essere sollevato.

Durata

La durata di una protesi di spalla è attualmente di circa 15 anni. Questo dipende dall’utilizzo che ne fa il paziente, dalla qualità dell’osso dalla composizione dei materiali e dal design della protesi.

Riabilitazione

Lo stesso giorno dell’intervento inizia la pratica del recupero della funzione. Dopo una degenza di circa 6 giorni, su indicazione medica, si piò iniziare il percorso riabilitativo domiciliare che consiste in esercizi di recupero muscolare e della mobilità dell’articolazione, per riprendere le quotidiane attività.

Trattamento artroscopico lesione cuffia dei rotatori

Quando si parla di lesioni della cuffia dei rotatori ci si riferisce a danneggiamenti nel tessuto tendineo con disinserzione dalla superficie ossea. La probabilità di avere una lesione di cuffia cresce con l’aumentare dell’età, visto che la causa principale è rappresentata dalla degenerazione del tessuto tendineo. Un ruolo importante nelle lesioni della cuffia lo ha il tendine del capo lungo del bicipite che spesso va incontro a infiammazione e processi degenerativi e può essere uno dei responsabili principali del dolore, anche se non è parte della cuffia stessa, ma si trova a stretto contatto con essa, in particolare con i tendini sottoscapolare e sovraspinoso.

Alla base delle lesioni (oltre i traumi) ci sono quasi sempre fattori genetici che comportano la graduale degenerazione dei tessuti. Quindi in molti casi il problema nasce spontaneamente e si protrae nel tempo. Un ruolo importante è giocato dalle attività fisiche svolte. Persone che per anni affrontano lavori gravosi per le spalle hanno più probabilità di sviluppare ina lesione. In un giovane atleta che svolge un’attività sportiva overhead cioè al disopra della testa , tipo la pallavolo la pallacanestro, quando c’è un affaticamento muscolare eccessivo , si può creare una anomalia nel movimento che nel tempo può portare a lesione. E’ fondamentale per l’ortopedico poter esaminare l’articolazione della spalla indipendentemente dal dolore che eventualmente compare, controllando l’escursione, verificando che sia libera e se ci sono delle zone di contrazione della muscolatura. Tutto questo, se preso in tempo, permette alla spalla di mantenere un suo equilibrio e quindi di continuare a lavorare anche a carichi di lavoro importanti. Le patologie della spalla , da quelle traumatiche a quelle degenerative, si possono affrontare brillantemente tramite la chirurgia artroscopica.

TECNICA CHIRURGICA ARTROSCOPICA

La tecnica artroscopica consente, attraverso piccole incisioni cutanee della spalla di eseguire un corretto bilancio della lesione e di adottare la migliore strategia di riparazione, dal momento che ci consente di analizzare la cuffia sia dal lato articolare che dal lato bursale con una visione a 360°. La tecnica prevede il reinserimento del tendine alla zona d’osso (foot print) da cui si è distaccato grazie all’uso di ancorette di diverso materiale ( metallico in titanio , polilattato ) provviste di filo di sutura precaricato , che consentirà l’aggancio del tendine al foot print e la guarigione della lesione.

Riabilitazione

La riabilitazione inizia circa una settimana dopo l’intervento. Poichè è necessario reinserire il tendine sulla zona d’osso ( trochite omerale) dalla quale abitualmente si crea la lesione, i tempi di guarigione sono abitualmente lunghi e dipendono dalla biologia dell’organismo, cioè dalla capacità riparativa. Mediamente la ripresa funzionale completa, cioè il ritorno alle normali attività lavorative e sportive, non può avvenire prima di 4/5 mesi.